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domenica 15 aprile 2018

23 Giu 2010

“La camera tragica”di Enzo Gemignani Nerbini editore Novembre 1942

Scritto da Giuseppina La Ciura
Il fiorentino Enzo Gemignani è stato uno degli scrittori più popolari del Ventennio grazie alla sua produzione letteraria ampia e varia. Ha scritto  sotto diversi pseudonimi ( Gimenez Naon, William Chandler, Fawkes). Tra i suoi polizieschi ho scelto  “La Camera tragica” pubblicato dall’editore Nerbini nel Novembre del 1942( cioè quando la mitica collana Mondadori era chiusa da un anno per volere del Duce  e la guerra volgeva  al peggio, dopo la sconfitta di Rommel ad El Alamein e l’accerchiamento della VI Armata tedesca a Stalingrado)). Ho scelto questo libro tra i tanti, forse anche più conosciuti, perché speravo che fosse un esempio di “chambre close” Delusione su tutta la linea!( Fino ad ora l’unico Giallo del sottogenere citato è “ Il mistero dell’idrovolante” di Franco Vailati, Palmina n 128)
Nonostante ciò, “La Camera tragica “è un romanzo  interessante. Innanzitutto per la presenza del detective privato di Gemignani, il giapponese Yama Koto. L’autore lo descrive come  un “piccolo uomo dalla faccia gialla”, calmo, imperturbabile, atarassico, che conduce le sue indagini nella massima segretezza, cioè senza che il lettore ne sappia qualcosa( e quindi contravvenendo ad una delle regole del Giallo classico di stampo anglosassone). Yama Koto “lavora” in Argentina, a Buenos Aires dove è molto apprezzato  tanto che il suo ufficio è  una lussuosa suite al Plaza Hôtel. Ed è qui che riceve il dottor Dario Godoy il quale richiede i suoi costosi servigi perché mandi dietro le sbarre la bella e giovane Livia Maldonado, rea secondo il Godoy di aver assassinato il cinquantenne marito Valeriano. In effetti, Godoy, anche lui non proprio giovanissimo, è innamorato perso della vedova, che ai suoi occhi ha la colpa di preferirgli l’affascinante e giovane pittore Febo Lafuente. A questo punto, il romanzo deraglia verso il dramma passionale a fosche tinte, tutto “sangre y muerte”(Gemignani era anche un brillante traduttore dallo spagnolo).  Valeriano Maldonado, la vittima, è infatti un hidalgo dalla vita dissoluta che, dopo la morte per consunzione a Milano del suo unico figlio Bernardino, si è ammalato di cuore. Per questo ha lasciato la Capitale e si è trasferito a vivere con la seconda  moglie Livia, di cui è gelosissimo, in una villa a San Isidro, sul Rio della Plata. Qui è avvenuta la tragedia. Una sera, mentre tutti- tra cui i due camerieri- sono al pianterreno, Maldonado sale in camera, ma , varcata la soglia, cade a terra emettendo un grido lacerante. Poiché per il dottor Godoy  nessun malato di cuore muore così, il giapponese sentenzia  che si tratta di un “delitto ad opera di una mente acutissima.”Lo sarà, ma il lettore ,in tutta sincerità, non se ne accorge tanto è preso dai  maneggi dei due pretendenti in gara tra di loro per accaparrarsi el corazon della vedova e dai continui, spesso tattici, svenimenti di costei. E’ ovvio che il movente del delitto è passionale: il modus operandi dell’assassino è  invece, a mio avviso, “quasi”impossibile.

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