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lunedì 30 aprile 2018

2 Gen 2018

” Quarantena al Grand Hotel”di Jeno Rejto -Lindau, 2017

Scritto da Giuseppina La Ciura
Gli Anni 20 e 30 nell’Ungheria del Reggente ammiraglio Miklós Horthy, a leggere i numerosi romanzieri  e novellisti che tanto successo ebbero specie in Italia, dovettero essere  lieti, spensierati, se non gaudenti. Attraverso le pagine di Molnár, Körmendi, Földi, Zilahy, Herczeg, Budapest doveva apparire agli Italiani una città vitale, ricca di eleganti caffè, di luoghi di divertimenti “proibiti”, di musiche tzigane e di bellissime donne bionde e disinibite. Gli ungheresi amavano leggere storie leggere, divertenti, godibili che sfioravano l’evasione pura.Anche il romanzo poliziesco sapeva di romanzo d’appendice e Jenö Rejtö era uno dei suoi massimi rappresentanti.
In realtà, Rejtö  si chiamava Reich ed apparteneva ad una famiglia ebraica della media borghesia della Capitale dove era nato nel 1905. Giovanissimo, si mise a viaggiare per l’Europa e per l’Africa vivendo in modo picaresco. Si arruolò persino  nella Legione Straniera, e conobbe il famoso Fort Saint- Jean.  Questa esperienza esotica lo colpì molto tanto che , tornato in Patria,cominciò a scrivere romanzi d’avventura ambientati in luoghi cari ai mitici Legionari. Poi, passò alle avventure nel  Far West . Nel 1939 compose “Quarantena al Grand Hotel” che ebbe un grande successo in Ungheria e all’estero. Ma la guerra era vicina. Fu deportato dai nazisti nel 1942 in un campo di concentramento in Ucraina dove morì l’anno successivo.
La casa editrice torinese Lindau ha recentemente pubblicato “Quarantena al Grand Hotel” in un’ottima traduzione di Bruno Ventivoli(che cura anche la postfazione).
Siamo in un’isola sperduta vicino Bali. Al Grand Hotel, luogo di ritrovo di varia umanità, scoppia improvvisa una temibile epidemia di peste bubbonica. L’albergo viene messo in quarantena tra gli alti lai dei suoi ricchi e blasonati(anche nel crimine)clienti. In questa atmosfera di tensione e di euforia(l’idea della Morte spinge molti a triplicare gli sforzi per darsi alla pazza gioia) viene accoltellato il dottor Ranke. Il commissario Elder porta avanti  le indagini tra mille difficoltà. Il movente è tipico degli Anni 30:una misteriosa formula chimica che fa gola a molte potenze.
Il ritmo del romanzo è forsennato, la trama quasi incomprensibile,i personaggi marionette che cambiano abbigliamento e personalità ad ogni pagina. I capitoli sono brevi,i colpi di scena continui. Si legge con facilità.
Ps. Sono stata a Budapest nel 1992. Faceva un freddo terribile(-15 gradi). Buda era stata ricostruita e aveva qualcosa di surreale. Pest dava l’impressione di un sonnolento villaggio. Ho visto la via Pál,il caffè “Japan” dove scriveva Rejtö(che non conoscevo), ho mangiato cinghiale, ascoltato gli Tzigani mentre nel tavolo accanto dei brianzoli tentavano approcci molto arditi con alcune sorelle ben in carne di Cicciolina. Poi, sono stata nella puzsta su un carro tirato da splendidi cavalli..Ne ho un ricordo meraviglioso. Capisco i grandi scrittori magiari: l’Ungheria è una favola.

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