8
Gen
2018
“Morbide guance”di Natsuo Kirino, Neri Pozza,2017
“Morbide
guance” del 1999 è il secondo romanzo di Natsuo Kirino che Tommaso
Pincio di “Repubblica” considera “la Regina del delitto “made in Japan.
“Le morbide guance” del titolo sono quelle di Yuka(5 anni)la figlia
maggiore di Moriwaki Michihiro e della moglie Kasumi.La bambina è
scomparsa in modo misterioso l’11 Agosto del 1994 a Izumi-go,sul lago
Shikotsu, a tre ore da Sapporo. Il signor Ishiyama, proprietario dello
chalet da cui è scomparsa nel nulla la piccola e amico della coppia
Moriwaki, ha mosso mari e monti,essendo un uomo molto ricco e
potente,per trovare la bambina,ma l’esito è stato negativo.
Così comincia questo romanzo tra il noir e il giallo psicologico che affronta una delle più grandi tragedie dell’esistenza: perdere una bambina e continuare a cercarla, tra la speranza folle e la disperazione più nera. La Kirino precipita il lettore nel cuore di questa tragedia che molti,specie donne, hanno vissuto e vivono. Lo fa con toni tipicamente orientali. Niente lacrime, scene madri, gesti estremi. Kasumi ,dignitosa e forte,non si dà per vinta.Lascia il marito, troppo debole e realista,e l’amante Ishiyama tra le cui calde braccia si trovava mentre Yuka usciva da sola nel bosco e percorre tutte le strade che possono portarla alla sua bambina. La Polizia,la televisione di stato,i veggenti, i detective privati non sono però in grado di aiutarla.
Dopo quattro anni di inutili ricerche, le telefona Utsami,un ex poliziotto. L’uomo è malato terminale di cancro. Ha paura di morire e vuole occupare la mente e il tempo che gli resta in un’opera di grande umanità. Si offre a Kasumi come compagno di viaggio alla ricerca della verità. Sarà per i due un viaggio a ritroso che porterà l’uomo a morire a Otori,nella locanda da dove è fuggita Kasumi per vivere ed affermarsi a Tokyo. Sono settimane terribili in cui si alternano in entrambi momenti di lucidità ed altri di delirio.Da questi incubi e sogni vengono fuori verità alternative, diverse, logiche ed illogiche.
Inquietante.
Così comincia questo romanzo tra il noir e il giallo psicologico che affronta una delle più grandi tragedie dell’esistenza: perdere una bambina e continuare a cercarla, tra la speranza folle e la disperazione più nera. La Kirino precipita il lettore nel cuore di questa tragedia che molti,specie donne, hanno vissuto e vivono. Lo fa con toni tipicamente orientali. Niente lacrime, scene madri, gesti estremi. Kasumi ,dignitosa e forte,non si dà per vinta.Lascia il marito, troppo debole e realista,e l’amante Ishiyama tra le cui calde braccia si trovava mentre Yuka usciva da sola nel bosco e percorre tutte le strade che possono portarla alla sua bambina. La Polizia,la televisione di stato,i veggenti, i detective privati non sono però in grado di aiutarla.
Dopo quattro anni di inutili ricerche, le telefona Utsami,un ex poliziotto. L’uomo è malato terminale di cancro. Ha paura di morire e vuole occupare la mente e il tempo che gli resta in un’opera di grande umanità. Si offre a Kasumi come compagno di viaggio alla ricerca della verità. Sarà per i due un viaggio a ritroso che porterà l’uomo a morire a Otori,nella locanda da dove è fuggita Kasumi per vivere ed affermarsi a Tokyo. Sono settimane terribili in cui si alternano in entrambi momenti di lucidità ed altri di delirio.Da questi incubi e sogni vengono fuori verità alternative, diverse, logiche ed illogiche.
Inquietante.
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