Archivio blog

domenica 29 aprile 2018

6 Gen 2017

” Romanzo siciliano”(“A sicilian romance”-1790)di Ann Radcliffe- Superbeat,2016

Scritto da Giuseppina La Ciura
Ann Ward Radcliffe era molto giovane quando in un decennio -l’ultimo del XVIII secolo-scrisse i suoi capolavori che ne fecero la pioniera del “gothic novel”.Io non avevo mai letto nulla di questa scrittrice che ha influenzato autori come Walter Scott, Dickens, Collins, Carlotte Bronte, Daphne Du Maurier,Gombrowicz,ma non ho avuto esitazione alcuna quando il prof Riccardo Barbagallo mi ha informata della recente riedizione di “Romanzo siciliano”.Il Professore è un grande esperto ,coltissimo e ha gusti letterari molto raffinati. E così eccomi qui in compagnia della Radcliffe in una Sicilia a me del tutto sconosciuta.
Certo siamo nel secolo decimosesto, ma la Sicilia della Radcliffe , oltre che irriconoscibile, mi appare inverosimile.Foreste inaccessibili ed inestricabili, montagne che toccano il cielo, caverne che nelle cui viscere celano sepolcreti, spiagge che danno sull”oceano”,castelli magnifici e tenebrosi, ruderi di antiche dimore i cui proprietari sono stati puniti da Dio per la loro “lussuria e vizio”.Per la Radcliffe la Sicilia non fa parte dell’Italia come la Calabria:è un luogo remoto ,quasi un’invenzione della mente. Quanto ai suoi abitanti, essi sono per lo più marchesi, conti, abati. Sono esseri crudeli, violenti, orgogliosi,sensuali.Le loro donne , vittime di simili uomini, devono sopportare soprusi,abusi e persino il martirio.Per non parlare del clima. Piogge violente, nebbia, venti terribili,lampi accecanti, notti tempestose, la luna  seminascosta da nuvoloni scuri, il mare sempre in tempesta..
La Radcliffe immagina che “in uno dei suoi viaggi mi capitò di visitare ..le sparse rovine di un magnifico castello su una dolce baia della costa settentrionale dell’Isola. Mentre “mi allontanavo da quel grandioso e patetico spettacoloi miei occhi caddero su un frate” che, accortosi”della mia emozione” mi invitò a leggere un codice che si trovava nel suo convento. “Se volete, seguitemi” e conoscerete la storia del castello dei marchesi Mazzini.
Alla fine del Cinquecento,il castello apparteneva a Ferdinando, quinto marchese di Mazzini. Un carattere altero ed una violenta passione per le donne dominavano il marchese.Egli aveva sposato in prime nozze la contessina Luisa Bernini da cui ebbe due figlie(Emilia e Giulia)ed un figlio ed erede Ferdinando. Rimasto presto vedovo, si risposò subito con Maria Vellorno,”di una bellezza non comune, amante dei piaceri e dedita agli intrighi amorosi”(di cui il marito non sapeva nulla). Poiché la nuova Marchesa odiava la vita di campagna, la coppia si trasferì a Napoli lasciando le due fanciulle alle cure di Mme Menon. Emilia “era bionda, vezzosa e simpatica”. Giulia aveva occhi neri profondi, una capigliatura bruna e riccia,un personale seducente,un viso bellissimo.”E diciassette anni!.
La loro vita trascorreva quieta e un po’ noiosa in quel castello immenso la cui ala meridionale con annessa torre era preclusa loro e da cui giungevano a volta gemiti e rumori misteriosi,quando,un’estate, ritornò da Napoli il Marchese con moglie, figlio e vari amici tra cui il bellissimo Ippolito, conte di Veresa su cui la Marchesa aveva messo gli occhi per farne il suo nuovo amante. Il giovane era insensibile alle moine della signora, ma cadde subito innamorato di Giulia(e Giulia di lui). Il Marchese invece intendeva sposare la figlia con il potente Duca di Luoro(di anni 57…)e non voleva sentir ragioni. Giulia, a questo punto, fugge. Piange e fugge, sviene,rinviene e fugge,vive avventure terribili e fugge. Un succedersi di passaggi segreti, corridoi bui, botole, rovine cadenti, rumori inquietanti, cadaveri in putrefazione, naufragi,strisciare di catene, ululati di lupi, fantasmi, foschi presagi e folli passioni.
Tutto questo(ed altro) anche se si è in Sicilia è troppo.

Nessun commento:

Posta un commento