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domenica 15 aprile 2018

8 Giu 2010

Jean-Cristophe Grangé e “L’istinto del sangue”(La Foret des Manes”) -Garzanti 2010

Scritto da Giuseppina La Ciura
Dopo  “Miserere” mi ero chiesta se avrei letto un altro Grangé. Come si può vedere, non ho resistito al fascino di questo scrittore così particolare, un moderno  Salgari,   Feval,  Haggard , Jean De La Hire-– c’est-à dire un grande inventore di storie mozzafiato, avventurose, al limite dell’assurdo- ed eccomi qui con “ La forêt des Mânes” divenuto in italiano un brutto “L’istinto del sangue”.
Il protagonista, stavolta, è una donna, Jeanne Korowa. Un giovane magistrato dai capelli rossi e gli occhi di giada, 35 enne con l’orologio biologico che non le lascia tregua. Ha un passato doloroso e mai superato: una madre hippie che ha avuto due figlie da due uomini diversi. Una di queste figlie, Marie, è stata brutalmente assassinata e ciò l’ha gettata nella più nera depressione e poi nella follia. Jeanne, figlia di un polacco, invece ce l’ha fatta. E’ una professionista stimata, ma una donna alla disperata ricerca di un  uomo stabile. Quando Thomas, l’ultimo amore, non viene all’appuntamento decisivo, Jeanne abusa del suo potere e mette il nome del suo psichiatra Antoine Fèraud tra quelli di politici ed affaristi da intercettare per un affare di armi a Timor Est. Così, oltre a sapere che Thomas non l’ama affatto, si imbatte in una coppia terribile: un padre dall’accento spagnolo e un figlio avvocato di nome Joachim. Costui ha una personalità doppia: un altro di sé dentro. Tutto finirebbe lì se l’amico e collega François Taine non la coinvolgesse nelle indagini dell’assassinio  di Marion Cantelau, un’infermiera di un ospedale per bambini diversi, soprattutto autistici. L’assassinio è particolarmente efferato, quasi un rito arcaico e l’assassino è un cannibale, avendo mangiato parti del corpo della disgraziata vittima. Altri due morti simili nei confronti di due giovani donne( una genetista e una scultrice) e l’incendio doloso in cui muore carbonizzato lo stesso Taine spingono Jeanne a seguire la pista sudamericana. Da Managua in Nicaragua ad Antigua in Guatemala dove incontra lo psichiatra Féraud sulle tracce di Joachim e della sua storia atroce. Ed infine a Buenos Aires e nella foresta dei Mani……
Grangé si supera. Il thriller è davvero avvincente, ben congegnato, suggestivo. Ed inquietante. L’autore scava nel passato dell’uomo e dell’umanità, seguendo alla lettera il Freud di “Totem e tabù” e tira fuori dal lettore ciò che ancora di arcaico c’è in lui. Di selvaggio, di primitivo, di violento. Pulsioni che sono raffrenate ma che possono venire fuori in ogni momento come lava incandescente.
Jeanne esce da questa esperienza come liberata dai suoi fantasmi ed anche il lettore per molte ore ha ucciso in sé l’odio, la rabbia, la frustrazione, la paura, l’istinto del sangue. Solo un’immensa pietas per questa umanità senza pace e amore, costretta a “se tenir” attraverso Lexotan, , Zoloft, alcool e cocaina

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