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martedì 17 aprile 2018

4 Gen 2011

” La bete hurlante” di Noel Vindry- Tallandier 1935

Scritto da Giuseppina La Ciura
Secondo Roland Lacourbe, Noël Vindry(1896-1954) è  uno dei pochi scrittori francesi che possano reggere il confronto, per quanto riguarda il “roman-problème”, con i grandi Maestri anglosassoni come Ellery Queen, Clayton Rawson e persino J.D.Carr. E se lo dice Lacourbe, sarà così.
Alla penna di Vindry si devono molti libri, polizieschi e non, ma la sua fama è legata ai dodici gialli “della camera chiusa” che egli scrisse e pubblicò per le edizioni Gallimard tra il 1932 e il 1937 in cui indaga M. Allou, juge d’instruction a Aix-en-Provence. Di questi romanzi solo tre sono stati tradotti in italiano. Il primo è “ La maison qui tue”, che uscì in Italia nel 1948 nei “Romanzi Gialli Stranieri” con il titolo di “Villa dei Cipressi” Il secondo è ”Les verres noirs” che uscì nel 1939 a puntate  con il titolo di “Gli occhiali neri” su “La tribuna illustrata” . Il terzo è “Le piège aux diamants “ , da noi “Il giudice in vacanza” GEM 1940.
Di questi  io ho letto solo l’ultimo. Lo lessi da ragazza e poi negli Anni 90 su consiglio di Igor Longo.  Anche alla seconda lettura però  il romanzo non mi piacque affatto.  Mi risultò noioso ed, a tratti, incomprensibile.
Nel 2003, grazie alla gentilezza squisita dello scrittore e sceneggiatore bordolese Jacques Herment, potei leggere  questo Vindry in lingua originale. Compresi allora che Igor Longo aveva ragione e che il traduttore di “Il giudice in vacanza” aveva massacrato il testo per i noti motivi.  Herment, oltre che “Le piège aux diamants”*, mi prestò quello che insieme con “A travers les murailles”(1937)è ritenuto il capolavoro di Vindry, cioè “ La bête hurlante” del 1935.
M. Allou scende dal treno alla gare Saint-Lazare una mattina “vers la fin de mars” ,deciso a passare , dopo tanto lavoro al “Palais de justice de Marseille”, una bella vacanza nella Capitale. Egli sogna di serate al teatro, ai concerti, alle mostre di pittura(in particolare una retrospettiva di Cezanne) e di succulenti pranzi e cene. Nonostante ciò, i suoi occhi azzurri dallo sguardo risoluto rimangono colpiti da un uomo che sta immobile addossato ad un cancello. Egli è alto, magro, abbronzato. Sembra un “loup affamé, traqué….L’uomo ferma Allou, gli chiede da mangiare, gli parla di sé. E’ Pierre Herry, l’assassin en fuite, del “doppio delitto del Castello di Sainte-Luce”, di cui tutti i giornali parlano. Egli non sa se sia colpevole o innocente: egli “crede”di essere innocente. “Parlate- dice M.Allou- e non omettete niente, neanche un dettaglio”. E, così, l’uomo racconta una storia bizzarra che ha il suo epicentro  nel  sinistro castello di Sainte-Luce, sito vicino Versailles  e come protagonista il suo proprietario , le  comte, un “homme singulier”, violento, cinico , amorale. E ,ancora, parla di uno strano ménage à trois, di una  statuetta di Buddha dai poteri malefici, di una misteriosa aggressione notturna, di un ospite  scomparso nel nulla, di spaventosi ululati di una bestia sconosciuta che terrorizzano di notte i presenti al castello…..
Il giallo è di difficile reperibilità ed è un peccato che sia così. E’ di “un virtuosismo ineguagliabile”, come sostengono Boileau e Narcejac nel loro famoso saggio “Le Roman Policier”, ma soprattutto è indimenticabile per atmosfera e gusto del mistero.
*L’enigma sta nel fatto che un uomo viene assassinato a colpi di revolver in una casa circondata da un cordone di polizia che nessuno ha potuto superare. 

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