31
Dic
2010
Italia 1861-2011 in Giallo: Maurizio de Giovanni ” La condanna del sangue”- Fandango 2008
Nel 2010 non ho avuto un grande interesse per i polizieschi e gli autori contemporanei, specie italiani- è ovvio con le dovute eccezioni- I motivi sono molteplici e non sto qui ad elencarli. Mi e vi annoierei. D’altronde, li conosciamo tutti.Le Leggi del Dio Mercato, lo strapotere degli editor che in nome di quel Dio stravolgono i testi rendendoli tutti uguali ed intercambiabili,….
Quest’anno ricorre il 150 esimo dell’Unità d’Italia. L’appuntamento mi coglie in uno stato d’animo tutt’altro che patriottico. Molta acqua è passata sotto i ponti da quando, ragazzina, festeggiai il Centenario. La disunione nazionale è davanti agli occhi di tutti. Sarebbe forse preferibile non parlarne, perchè fa soffrire. Esiste però ancora una Nazione che si chiama Italia e quindi mi sono ripromessa di leggere più libri di autori nostrani in questo anno nuovo.(il penultimo?l’ultimo?)
Inizio da Napoli, la capitale del Sud. Quella che descrive de Giovanni in “La condanna del sangue”(sottotitolo “la primavera del commissario Ricciardi”)è la Napoli del 1931 e non è molto dissimile da quella di oggi. Certo le strade non sono bordate di rifiuti e il guappo del rione Sanità non è un boss della holding camorrista, ma sono le stesse la commistione di poveri e ricchi nei quartieri del centro storico, la mentalità, la voglia disperata di vivere e sopravvivere, la passionalità e la sofferenza segreta. E’ primavera. Nei vicoli infestati dai topi, nei bassi umidi e sovraffollati dove vive un’umanità dolente e fiera e nei palazzi lussuosi e vuoti il sangue si ridesta. E con il sangue il desiderio di tornare a vivere dopo il lungo inverno. Ma Carmela Calise, vecchia cartomante ed usuraia, non vivrà una nuova primavera. Viene infatti brutalmente uccisa al primo soffio di venticello fresco e profumato nel suo modesto appartamento del rione Sanità, il più popolare di Napoli. Le indagini vengono affidate al commissario Luigi Alfredo Ricciardi e al brigadiere Maione. Il primo sembra il fratello minore di De Vincenzi e il secondo di Cruni : è ovvio, in salsa partonopea. Ricciardi, come De Vincenzi, è un provinciale. E’ poliziotto per scelta, per missione(” un sacerdote della giustizia”) essendo l’unico figlio del barone di Malomonte. Vive in un modesto appartamento con la tata Rosa, che gli ha fatto da madre. Ha trent’anni, è un tipo solitario, riservato, umbratile. E’ innamorato di Enrica, una sua vicina di casa, ma non si dichiara. Non vuole legarsi, perchè fin da ragazzo vede i Morti e parla con loro. Questa sua particolare sensibilità lo colma di dolore e di angoscia, ma gli è utile nel suo lavoro.
Il caso che deve affrontare in quell’inizio di primavera non è dei più semplici. L’elenco dei potenziali assassini è molto lungo. Tutta una varia e dolente umanità è passata nell’appartamento della Calise per farsi fare le carte o chiedere soldi in prestito. Bisogna affondare le mani nella melma e nel sangue. Bisogna saper soffrire con le vittime di una città e della vita.
Ricciardi e de Giovanni lo fanno in modo eccellente e leggerli è un piacere.
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