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sabato 21 aprile 2018

22 Set 2012

Dal romanzo al film:”Arco di Trionfo”

Scritto da Giuseppina La Ciura
Quando lessi “Arco di Trionfo” di Erich Maria Remarque,  ero una ragazza che credeva al Bene e al Male come entità assolute. In politica il Bene era il Capitalismo, il Male il Nazismo e il Comunismo. Erano gli Anni 60: ogni giorno i capitalisti tanto buoni inventavano per noi un nuovo oggetto utile e bello. Il futuro ci appariva meraviglioso:tutti ,anche i poveri, avrebbero avuto la Fiat,il televisore, la lavastoviglie e persino la pelliccia. I comunisti non avrebbero mai vinto e Hitler con le sue spaventose crudeltà era morto e sepolto. Il libro di Remarque ambientato in una plumbea Parigi nell’ultimo anno prima del secondo conflitto mondiale mi piacque, ma mi apparve un testo datato. Quasi medioevale.
Alcuni giorni fa, ho rivisto il film  omonimo che Miles Milestone trasse dal romanzo di Remarque. Mi è apparso, purtroppo, molto attuale. Certo la vicenda è lontanissima dai giorni nostri. Nella Ville Lumière “regna” un Presidente “normale”(fin troppo,direi)e ,anche se è succube di frau Merkel,  non è certo un futuro Pétain. Non ci sono rifugiati politici come il medico austriaco Ravic( interpretato dal sempre charmant Charles Boyer)né demi mondaine di sangue italo-rumeno belle ed infelici come Ingrid Bergman.Non vi sono aguzzini nazisti come Charles Laughton che vengono a Parigi per divertirsi tra ragazze facili e champagne( e trovano la morte) né nobili russi sfuggiti alla Rivoluzione bolscevica che fanno i camerieri. Non ci sono soprattutto campi di concentramento e polizie feroci. Ma vi è un senso terribile di precarietà, di ansietà, di confusione, di paura. Come oggi.
Dal punto di vista puramente tecnico il film non è certo un capolavoro. Milestone non era un regista da  melodrammi amorosi e, a causa della censura, Ingrid Bergman non poteva essere chiaramente una prostituta. Il suo ruolo appare quindi ambiguo e la recitazione della grande attrice ne risente. Il film non ebbe successo al botteghino, anche perché nel 1948,anno in cui uscì, gli spettatori volevano dimenticare gli orrori del passato e sognare una nuova Europa pacificata e libera.
Per i due attori principali fu un film di svolta. Per Charles Boyer iniziò un lento ma dignitoso declino, nella Bergman si rafforzò il desiderio di voltare pagina e di venire in Italia dal neorealista Roberto Rossellini per fare film d’autore. 

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