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mercoledì 18 aprile 2018

22 Ott 2011

“La sorella di Freud” di Goce Smilevski-Guanda 2011

Scritto da Giuseppina La Ciura
Nel Giugno del 1938, pochi mesi dopo l’Anschluss, Sigmund Freud lasciava Vienna e la sua mitica abitazione  al numero 19 di Berggasse e si trasferiva a Londra con la moglie Martha, la figlia Anna,la cognata Minna, le due assistenti con le loro famiglie, il medico personale e l’adorato cagnetto. Restavano in balia di Hitler le sue quattro sorelle Rosa, Marie, Pauline ed Adolphine, tutte vecchie signore sulla ottantina. Essendo ebree, il loro destino era segnato ed, infatti, nel 1942 ,finirono tutte e quattro nella camera a gas del lager di Terezin. La domanda che tutti gli studiosi si sono posti è questa: “Perché il celebre fratello non le portò con sé salvandole da una terribile fine?” Nessuno ha saputo rispondere e non vi riesce nemmeno il macedone Goce Smilevski, astro nascente della letteratura europea, nel suo libro “La sorella di Freud”(Guanda editore). La sorella che parla in prima persona e che racconta la storia della sua vita, quella della sua famiglia ed indirettamente dell’Austria asburgica al tramonto è Adolphine, l’unica che non si sia mai sposata e ,per questo,è considerata la “diversa”,l’esclusa”,la “poco intelligente”(così la definisce Martin,uno dei figli di Freud). Smilevski è abilissimo nel mettere insieme fatti realmente accaduti con altri del tutto inventati come gli incontri di Adolphine con Klara Klimt e Ottla Kafka, sorelle sfortunate del grande pittore del Simbolismo e dell’autore di “Il castello”. Incontra la prima in un manicomio modello di Vienna che Smilevski chiama “Il Nido” e che nella verità storica si chiamava Steinhof, mentre l’incontro con Ottla Kafka avviene nel lager prima che la donna parta per Auschwitz dove morirà con i bambini che le sono stati affidati. Romanzeschi  sono, ancora, l’amore totalizzante di Adolphine per Rajner Richter, giovane  alla ricerca di se stesso che Freud non riesce a salvare dalla depressione ed il successivo aborto. Vere sono la storia della famiglia Freud- piccoli commercianti ebrei vissuti trala Moraviae Vienna -, l’adorazione della madre Amalia per il primogenito Sigmund detto “Sighi d’oro”, i matrimoni dei fratelli Freud, le nascite e i lutti. La vita della vera Adolphine trascorse presumibilmente  piatta e noiosa come tutte quelle delle zitelle del tempo: solo la fine  la vide protagonista- involontaria- di un’immane tragedia europea.
Lo scrittore non si limita al puro racconto. Affronta alcuni cardini delle teorie freudiane come “l’invidia del pene”, l’isteria femminile come frutto di un grembo vuoto, l’ebraismo come una non religione. Lo fa attraverso l’esperienza di Adolphine e di tutte le altre donne che ella incontra nei vari momenti della sua esistenza. Il padre della Psicoanalisi, il liberatore dell’Inconscio, come è ormai di moda, non ne esce bene.
E’ evidente che per i temi trattati “La sorella di Freud” non è un libro di facile lettura, da best seller. Tutt’altro. Dotato di un linguaggio ruvido ed essenziale, il romanzo si risolve in un lungo, sofferto  pellegrinaggio attraverso il dolore,la follia, il disamore, la crudeltà e la stupidità degli uomini. Fino alla  morte  come liberazione e all’oblio.

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