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martedì 17 aprile 2018

12 Gen 2011

“Sei giorni di preavviso” di Giorgio Scerbanenco- GIM 1977

Scritto da Giuseppina La Ciura
Prima di divenire il più grande scrittore italiano  di noir , Giorgio Scerbanenco fu un giallista di notevole talento. Tra il 1940 e il 1942 scrisse e pubblicò per Mondadori cinque polizieschi, tre nella collana dei Gialli ( “Sei giorni di preavviso”- Supergiallo n 8, “La bambola cieca” Palmina 245, “Nessuno è colpevole” Supergiallo n 9) e due nella collezione di “I libri della Palma”( “L’antro dei filosofi”e ” Il cane che parla”). Il trait  d’union che lega questi romanzi è il suo detective, Arthur(italianizzato per i noti motivi in Arturo)Jelling. Si tratta di una strana figura di investigatore, come d’altronde lo sarà anche Duca Lamberti(e lo stesso Scerbanenco nel contesto letterario nazionale). Jelling è un addetto all’archivio della Direzione generale di polizia di Boston. Il suo sogno era stato quello di fare il medico, ma “le cattive condizioni finanziarie della sua famiglia, lo avevano costretto a lasciare gli studi proprio alle soglie della laurea, per accettare un impiego.” E’ un tipo alto, “pettinatissimo, correttissimo..dagli occhi buoni”. E’ molto timido e modesto, come la sua giovane moglie ed il figlio. Ha un amico caro ed un estimatore convinto in Tommaso Berra, psicopatologo di chiara fama. E’ lui che, alla maniera di un altro famoso medico, il dottor Watson, racconta le gesta di questo singolare  investigatore  tanto acuto quanto semplice. Il primo caso (letterario, perchè Jelling ha avuto modo di farsi conoscere nelle alte sfere della polizia di Boston)riguarda le lettere minatorie che vengono inviate da una mano misteriosa al famoso attore Philip Vaton. Chi ha interesse ad uccidere o a spaventarlo?  Oppure è una geniale montatura pubblicitaria che dovrebbe riportare alla ribalta un attore sulla via del tramonto?. Jelling indaga in un crescendo di tensione, ma non può evitare l’irreparabile. Può invece risolvere il caso avvalendosi del suo intuito sottile e del suo cervello ordinato come i suoi archivi.
Nonostante molte ingenuità( come descrivere e raccontare l’America e gli Americani stando a Milano?), il libro ha ancora un suo fascino

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